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Quaderni on line di andata e ritorno…a Cuneovualà 2020 (ventisettesima puntata – Gabriele Reina)

[rubrica a cura di Ivana Mulatero, ideatrice e curatrice della rassegna CuneoVualà]

Tra memorialistica da viaggio e diario citazionista ed esistenziale, il taccuino di Gabriele Reina ci trasporta in un particolare luogo: l’altopiano delle Città Sassoni della Transilvania. Sul frontespizio, accanto a ritratto di Robert Louis Stevenson – che per l’autore è il “padre spirituale” dei viaggiatori e lo ripropone su ogni suo taccuino – una titolazione da vero libro vergato a mano con calligrafia da antica pergamena come il color ocra della pagina, ci dà qualche accenno di ciò che vedremo, l’eleganza dell’inchiostro nero e rosso depositato da una stilografica che arrotonda e ammanta di storia antica l’esperienza di viaggio.

La forma d’arte del carnet de voyage rientra di diritto nella letteratura da viaggio, con alcune specifiche qualità evidenziate mirabilmente dalla dozzina di pagine del taccuino di Gabriele. Viaggio d’impronta letteraria con grafie da amanuensi che si trasferiscono in chiazze di colori che schizzano volti e località, iniziato il 3 agosto 2019 e “vidimato” dai timbri dei luoghi transilvani visitati a piedi e in bicicletta, corredati da altri “souvenir” incollati sulle prime pagine. Queste sono come dei portali d’accesso, varcati i quali percorriamo non solo le strade di Gabriele ma con esse ritroviamo i solchi di altri viaggi di scrittori-viaggiatori che le scelsero come mete. Li scopriremo inoltrandoci tra le pagine.

Ago della bussola e calamita d’attrazione, la storia dello scrittore inglese Patrick Leigh Fermor, figura che ha guidato i passi, le pedalate e la composizione delle pagine del taccuino n.187 di Gabriele Reina, storico, bibliofilo, cultore della letteratura da viaggio, nonché amante delle iconografie antiche. Fermor è stato la sua stella polare, colui che nel 1933 abbandona Londra e una carriera promettente per attraversare a piedi l’Europa come un palmiere o un cavaliere errante. Nel 1935 raggiunge Costantinopoli e quando ci arriva è ormai un altro: un nomade che sa unire l’esperienza di viaggio e quella di vivere in una maniera unica e indissolubile, tanto che un suo giovane amico, Bruce Chatwin, saprà proseguirne il modello nel tempo e nello spazio.

Girovagando per quasi 800 km la Transilvania sulle orme di Fermor, Gabriele è quasi obbligato a ricorrere ad un taccuino formato bisaccia per stare nelle sacche della bici. Sulle pagine riporta i volti sassoni transilvani che incontra.

Le chiese fortificate e quelle di stile meticcio tra il gotico, il bizantino e il gitanico.

I personaggi storici che solcarono, vissero e padroneggiarono quelle terre.

Le meraviglie ornamentali dei costumi popolari femminili.

I fortilizi arroccati ammantati di leggende.

Gli artisti famosi provenienti da questi luoghi leggendari e che hanno mutato il corso della scultura del Novecento. Brancusi, non a caso, è raffigurato con il chiaroscuro del carboncino, grafite e acquerello, per suggerire una pagina tridimensionale, nella materia porosa delle sue sculture.

Presagendo il prossimo incontro che avrebbe fatto, il nostro autore di taccuino e biciclista, raccoglie una foglia di quercia e la inserisce tra le annotazioni storiche e le vedute dei villaggi. Azzardiamo un verso di Peter Kavanagh: “Vidi il pericolo, eppure camminai lungo la via incantata, e dissi: che il dolore sia una foglia caduta all’alba del giorno”.

L’8 agosto Gabriele incontra William Blacker in carne ed ossa, un altro scrittore – mezzo inglese e mezzo irlandese – fuggito dalla modernità dopo il 1989 e approdato in Romania, tra la zona rurale del Maramures e quella della Transilvania. La sua è una vita da scrittore che vive in prima persona le storie che riversa nei libri. Si coglie il palpito dell’autore del taccuino al cospetto di questo personaggio con il quale s’intrattiene, conversando su come sia ancora possibile palesare tra le pagine gli incanti per i luoghi visitati, quando tutto è mostrato e filmato nella nostra era di Internet. Ma c’è ancora spazio per esplorare e per narrare solo se c’è un grande investimento personale. Come quello di Gabriele Reina che, a piedi e in bici, ha cominciato a seguire da Londra a Bratislava (altri taccuini), le orme di Fermor qualche anno fa. “Adesso mi manca il pezzo dai Carpazi a Costantinopoli e al Monte Athos”, ci confessa, rilanciando ad una futura puntata.

@gabrielereinapainter

www.gabrielereina.com

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